Una settimana fa, la sindaca, alte cariche della Regione e molti dirigenti della ASL hanno presentato il Campus per l’Autismo che, nelle intenzioni, dovrà “far vivere ai ragazzi e agli adulti esperienze, sviluppare le loro abilità, passioni e interessi, renderli più autonomi e migliorare complessivamente la loro qualità della vita”.
Un investimento da 12 milioni per “assistere” 15 adulti e 15 adolescenti in una struttura che, nel 2024, in noi suscita più di una perplessità.
Tre, per la precisione.
Inclusione o reclusione?
Oggi la letteratura scientifica, l’OMS e le associazioni dei parenti sono concordi nel ritenere sbagliato istituzionalizzare le persone con una disabilità all’interno dei centri specializzati, preferendo un loro inserimento costante e supportato in società.
Eppure qui siamo in presenza di una struttura che prevede un accudimento pressocché esclusivo delle persone al suo interno. Una Cittadella della Disabilità, più che un Campus.
Servizi dedicati o isolamento sociale?
Secondo quanto annunciato, la struttura sarà dotata di 8 laboratori, non si sa di cosa, e di spazi per la socialità e per lo sport. Domanda: perché? Campi e impianti, pubblici e privati, ci sono già nel nostro territorio e sono e devono essere aperti a tutti. Per quanto riguarda le attività professionali o formative, invece, sappiamo che ciascuna persona deve essere valutata individualmente per trovargli il percorso più adatto. Sul nostro territorio esistono molte cooperative che si occupano di aprire ai ragazzi con disabilità le porte del mondo del lavoro e lo fanno con professionalità e in contesti protetti, ma realmente inclusivi.
Assistenza o dipendenza?
Il Campus è stato presentato anche come una soluzione al tema cruciale del “Dopo di noi”, ovvero il momento nel quale un genitore che assiste un parente disabile viene a mancare. Quello proposto è un modello nient’affatto innovativo e tutt’altro che funzionale: in una struttura assistenziale totalizzante, separata dai contesti di vita, gli individui perdono la loro autonomia e questo è un rischio che non si può correre.
Riassumendo: il “Centro Autismo”, pur se pensato con le migliori intenzioni, rischia di rappresentare un passo indietro nei progetti personalizzati e nei percorsi assistenziali alle persone con disabilità.
Dodici milioni di euro, solo per la sua costruzione – i costi di gestione sono ancora da calcolare – rischiano addirittura di togliere risorse a proposte progettuali che tengono conto della personalità e della diversità di ognuno.